Luigi Pinna nasce nel 1941 a Sassari dove vive e lavora.
Studia presso l'Istituto d'arte di Sassari sotto la guida dei Maestri: Filippo Figari, Eugenio Tavolara, Stanis Dessy e Vico Mossa, dove consegue il titolo di Maestro d'arte.
Sostiene gli esami per l'abilitazione all'insegnamento del disegno e della storia dell’arte nelle scuole di ogni ordine e grado.
Espone le sue tele che hanno richiamato l'attenzione della stampa isolana fino ad arrivare a quella della capitale, dove nel 1974 si aggiudica il premio nazionale di pittura "Marco Aurelio".
La presenza nelle maggiori città della Sardegna ha fatto conoscere il nome di questo pittore un po' dappertutto: Svizzera, Francia, Spagna, Venezuela.
Annovera sue opere sia in collezioni private che presso le Sedi Centrali del Banco di Roma, del Banco di Sardegna, nonché a Ginevra presso la Sede dell'Unicef.
Negli anni successivi si dedica all'approfondimento della pittura all'aperto, realizzando paesaggi, scorci di paese, il lavoro agricolo nei vari aspetti cercando di evidenziare nel soggetto tradizionale aspetti di pittura innovativa sia da un punto di vista compositivo che cromatico.
Dalla fine degli anni '90 a tutt'oggi si interessa inoltre di scultura in legno, ferro e cemento armato.
Mostre personali
2007 – Sassari, Centro d'Arte Delos
2000 – Roma, galleria privata
1996 – Sassari, galleria Sironi
1995 – Roma , Milano, Cagliari
1994 – Roma, galleria privata
1982 – Nuoro, galleria Il portico
1981 – Santa Teresa Gallura, galleria Il cancello
1978 – Nuoro – galleria Il portico
1973 – Tempio, galleria privata
Mostre collettive
1991 – Nuoro, Galleria l'Iride
1979 – Svizzera, collettiva pittori sardi
1975 - Olmedo, concorso città di Olmedo
Premi e riconoscimenti
1976 – Sassari, premio città di Sassari
1975 – Olmedo,concorso città di Olmedo, premio (acquisto regione Sardegna)
1974 – Roma,Concorso nazionale Marco Aurelio, 1° premio
1971 – Sassari, premio Mario Sironi, 1° premio
1969 – Oristano, mostra dei giovani, 1° premio
Testo critico
[…] mi servo di materiali poveri: cartone, compensato, anche già dipinto, strati di carta, oggetti che trovo per strada, che hanno un vissuto così che tra loro e me si crea un dialogo. Si tratta di incontri. Poi, se gli spazi in cui muoversi e pensare sono quelli giusti, gran parte del lavoro è fatto. Il resto viene da se.
[…] E' così che Luigi Pinna, artista poliedrico ingegnoso e geniale, nel suo laboratorio di via Sedilo, un’affollata officina ricavata nel seminterrato di una bella palazzina restaurata del centro storico sassarese, descrive il suo lavoro di artigiano, pittore, scultore, installatore e quant’altro.
Non usa mai la parola artista. Racconta, com’è nel suo stile semplice e disarmante e spiega, quasi vergognandosene, cos’è per lui la tensione creativa e la capacità di elaborarla, di trasformarla in materia, spessore, forma, colore.
Lo fa con la praticità di un artigiano e gli artifici concettuali di chi ha fatto della creatività il motore della sua esistenza.
Giovanna Peru
Tutta la pittura di Luigi Pinna, tanto ricca di potenza disegnativa, è una lieta commovente poesia di immagini e di temi che dà sentimento di gioia ed una rassicurante distensione dell’animo.
Prof. Michele Muzzetto
[…] Il risultato finale delle sue opere, Luigi Pinna lo ottiene per il modo, ma anche, necessariamente, in virtù della sua raffinata tecnica, frutto di anni di preparazione e di impegno. Non vi può essere, d’altronde, vero avvenimento d’arte che nasca istintivamente, senza una buona dose di preparazione tecnica e di necessari studi specifici, non rimanendo, al contempo, isolati dal resto del mondo culturale che si rinnova continuamente intorno a noi. […]
Prof. Antonio Debidda
Arte & Tecnica dell'Astrattismo
La pittura astratta
Il significato di astratto e di astrazione
Nelle arti figurative il concetto di astratto assume il significato di «non reale». L’arte astratta è quella che non rappresenta la realtà. L’arte astratta crea immagini che non appartengono alla nostra esperienza visiva.
Essa, cioè, cerca di esprimere i propri contenuti nella libera composizione di linee, forme, colori, senza imitare la realtà concreta in cui noi viviamo.
L’astratto, in tal senso, nasce agli inizi di questo secolo. Ma esso era già presente in molta produzione estetica precedente, anche molto antica. Sono astratte sia le figurazioni che compaiono sui vasi greci più antichi, sia le miniature altomedievali, solo per fare alcuni esempi. In questi casi, però, la figurazione astratta aveva un solo fine estetico ben preciso: quello della decorazione.
L’arte astratta di questo secolo ha, invece, un fine completamente diverso: quello della comunicazione.
Vuole esprimere contenuti e significati, senza prendere in prestito nulla dalle immagini già esistenti intorno a noi.
All’astratto si è arrivati mediante un processo che può essere definito di astrazione. Il concetto di astrazione è molto generale, ed esprime un procedimento mediante il quale l’intelletto umano descrive la realtà solo in alcune sue caratteristiche. Da processi di astrazione nascono le parole, i numeri, i segni, e così via.
Nel campo delle immagini, i segni, intesi come simboli che rimandano a cose o idee, è già un modo "astratto" di rappresentare la realtà. Nel campo dell’astrazione entrano anche la stilizzazioni che, ad esempio, proponeva l’arte liberty. Ed, ovviamente, tutta l’esperienza estetica delle avanguardie storiche è un modo tendenzialmente astratto di rappresentare la realtà.
La scomposizione di una bottiglia, ad esempio, che effettua Picasso, gli consente di giungere ad una rappresentazione "astratta" di quella bottiglia. Ma nel suo quadro la bottiglia, intesa come realtà esistente, rimane presente.
L’astrattismo nasce, invece, quando nei quadri non vi è più alcun riferimento alla realtà. Nasce quando i pittori procedono in maniera totalmente autonoma rispetto alle forme reali, per cercare e trovare forme ed immagini del tutto inedite e diverse da quelle già esistenti. In questo caso, l’astrattismo ha un procedimento che non è più definibile di astrazione, ma diviene totale invenzione.
L’astrattismo nasce intorno al 1910, grazie al pittore russo Wassilj Kandinskij. Egli operava, in quegli anni, a Monaco dove aveva fondato il movimento espressionistico «Der Blaue Reiter». Il suo astrattismo conserva infatti una matrice fondamentalmente espressionistica. È teso a suscitare emozioni interiori, utilizzando solo la capacità dei colori di trasmettere delle sensazioni.
Da questo momento, la nascita dell’astrattismo ha la forza di liberare la fantasia di molti artisti, che si sentono totalmente svincolati dalle norme e dalle convenzioni fino ad allora imposte al fare artistico. I campi in cui agire per nuove sperimentazioni si aprono a dismisura. E le direzioni in cui si svolge l’arte astratta appaiono decisamente eterogenee, con premesse ed esiti profondamente diversi.
Nel campo dell’architettura e del design, l’arte astratta smuove finalmente un grosso vincolo che aveva condizionato tutta la produzione ottocentesca: quella di mascherare le cose e gli edifici, con una "pelle" stilistica a cui affidare la riuscita estetica del manufatto. L’arte astratta sembra dire che può esistere un’estetica delle cose che nasce dalle cose stesse, senza che esse debbano necessariamente imitare qualcosa di altro. E come l’arte astratta possa divenire metodo di una nuova progettazione estetica, nell’architettura e nelle arti applicate, è un processo che si compie nella Bauhaus, negli anni ’20 e ’30, e che vede protagonista ancora Wassilj Kandinskij.
Ma l’idea, che l’astratto potesse servire a costruire un mondo nuovo, era già nata qualche anno prima in Russia con quella avanguardia definita Costruttivismo.
Negli anni ’30, in coincidenza con quel fenomeno di ritorno alla figuratività, definito «ritorno all’ordine», l’astrattismo subisce dei momenti di pausa. È un’arte che, al pari di quella delle altre avanguardie, non viene accettata dai regimi totalitari che si formano in quegli anni: il nazismo in Germania, il fascimo in Italia, il comunismo in Russia, il franchismo in Spagna. E, in conseguenza di questo atteggiamento, molti artisti europei emigrarono negli Stati Uniti dove portarono l’eredità delle esperienze artistiche dei primi decenni del Novecento europeo.
Le esperienze astrattiste hanno ritrovato nuova vitalità nel secondo dopoguerra, dando luogo a diverse correnti, quali l’Action Painting, l’Informale, il Concettuale, l’Optical art. Nuovi campi di sperimentazioni sono stati tentati dagli artisti, uscendo dal campo delle immagini, per rendere esperienza estetica la gestualità, la materia, e così via.
Uno degli esiti più interessanti e suggestivi dell’astrattismo, è dato dall'Action Painting del pittore statunitense Jackson Pollock. Egli, a partire dal 1946, inventò il dripping, ossia la tecnica di porre il colore sulla tela posta a terra, mediante sgocciolatura e spruzzi. I quadri così ottenuti risultano delle immagini assolutamente confuse e indecifrabili. Cosa esprimono? Il senso del caos, che è una rappresentazione della realtà, forse, più vera di quelle che ci propone la razionalità umana. L’arte, in questo modo, non solo nega il concetto di immagine, ma nega il fondamento stesso dell’arte. Di un’attività, cioè, che riesce a mettere ordine nelle cose, per giungere a quel prodotto di qualità che è l’opera d’arte. I quadri di Pollock ci rimandano ad un diverso ordine delle cose, della realtà, dell’universo le cui leggi, come ci insegna la fisica, sono razionali, ma il cui esito, come ci insegna il secondo principio della termodinamica, è il caos più assoluto.
L’interpretazione gestaltica e l’interpretazione esistenziale
L’arte astratta nasce come volontà di espressione e di comunicazione, ma lo fa con un linguaggio di cui difficilmente si conoscono le regole. Il problema interpretativo dell’arte astratta è stato in genere impostato su due categorie essenziali: la prima si affida alla psicologia gestaltica, la seconda all’esistenzialismo.
La psicologia gestaltica studia l’iterazione tra l’uomo e le forme. Ossia, come la percezione delle forme diviene esperienza psicologica. Il modo come si struttura questa esperienza psicologica segue leggi universali.
Ad esempio, il cerchio tende ad esprimere sempre la medesima sensazione, indipendentemente da cosa abbia forma circolare. E così avviene per i colori. E avviene per l’articolazione tra forme e forme, tra colori e colori, e tra forme e colori. In sostanza l’atto percettivo, affidandosi ad esperienze già possedute e a meccanismi di fondo, tende a interpretare le cose che vede indipendentemente da cosa esse rappresentino.
Pertanto anche l’immagine astratta trasmette informazioni percettive che stimolano una reazione di tipo psicologico. Se la psicologia gestaltica può spiegare il meccanismo per cui un’opera astratta può apparire bella o brutta, difficilmente può spiegare quale opera apparirà bella e quale brutta. In sostanza, non può fornire elementi di valutazione critica, restando questi comunque pertinenti al campo specifico della storia dell’arte e alla storia del gusto.
Tuttavia la psicologia gestaltica ha fornito numerosi elementi per inquadrare il problema, chiarendo come l’arte astratta riesca a comunicare con la psicologia dell’osservatore. E, soprattutto nella sua fase iniziale, l’astrattismo si è ampiamente appoggiata alle categorie interpretative gestaltiche.
Altro metodo di decifrazione dell’arte astratta è quello di rintracciare l’esperienza esistenziale da cui è nata la specifica opera. L’artista, come qualsiasi altra persona di questo mondo, vive la medesima realtà di tutti. Riceve le medesime sollecitazioni, le interpreta con la sua specifica sensibilità, e, in più rispetto agli altri, le sa tradurre in forma.
Il gesto creativo, sostanziandosi in un’opera, diviene traccia esistenziale.
L’opera creata diviene traccia di tutta l’iterazione tra realtà, sollecitazione, sensibilità e creatività, che può essere comune a tutti, ma che solo l’artista, proprio perché è tale, sa esprimere e oggettivare.
In questo caso, l’opera non solo è traccia del proprio essere al mondo, che risulta il valore minimo, ma rimane come testimonianza dell’essere al mondo in un particolare momento, in una particolare situazione, in un particolare contesto e così via. Ed assume, pertanto, valore di documento storico-culturale proprio perché è il frutto di quella particolare storia e di quella particolare cultura.
Prof. Francesco Morante