TornasoleArte, le principali Tecniche di Stampa

La Stampa d'Arte
Un laboratorio di stampe artistiche.

La stampa in ambito artistico è una tecnica con la quale vengono create opere d'arte mediante l'utilizzo del processo di stampa, specialmente su carta. Con l'eccezione del monotyping, una tecnica di stampa capace di produrre multipli dello stesso soggetto, ogni opera non è da considerarsi una copia ma un originale, dato che non è una riproduzione di un'altra composizione. Per contro, la pittura o il disegno creano un'opera originale unica.
Le stampe artistiche vengono prodotte attraverso una sola superficie originale, ovvero una matrice.
Le opere stampate dalla stessa matrice creano una edizione; in tempi moderni ogni opera della stessa edizione viene generalmente firmata e numerata per formare una edizione limitata. Una stampa può anche essere il risultato di varie tecniche combinate tra loro.

Breve esposizione relativa alle particolari caratteristiche che permettono,
partendo da un'immagine a stampa, di identificare la tecnica usata.

Differenza tra le matrici in relazione alle tecniche di stampa.

Le martici, in base ai criteri di inchiostrazione e di stampa, debbono essere realizzate in conformità all'uso e possedere quei requisiti che ne permettano una perfetta utilizzazione. Esistono quattro tipi fondamentali di stampa e quindi quattro tipi di matrici: in cavo, in rilievo, in piano, a tramatura.
Le matrici in cavo sono quelle realizzate su metallo e che trasferiscono sul foglio nella fase di stampa l'inchiostro depositato nel cavo dei segni (acquaforte, bulino, acquatinta, punta secca etc.).
Le matrici in rilievo sono le più antiche e possono essere in legno o in metallo fuso o inciso (cliché), stampano l'inchiostro depositato sulla superficie mediante l'uso di un rullo, (xilografia, tipografia).
Le matrici in piano sono quelle realizzate su pietra o zinco granito e che stampano l'inchiostro depositato in piano sui segni: sono cioè matrici in cui le superfici da inchiostrare sono sullo stesso livello di quelle che debbono rimanere in bianco. Sfruttano le proprietà chimiche delle pietre calcaree e delle lastre granite di respingere i grassi quando sono bagnate e di trattenerli quando sono asciutte (litografia).
Le matrici a tramatura sono quelle della stampa serigrafica e sfruttano la possibilità data dal tessuto di sorreggere il colore e di lasciarlo filtrare per mezzo di una pressione esercitata da una paletta di gomma.

—  Raccolta ordinata dei termini essenziali dell'Antica Arte Incisoria  —

Acquaforte - Giovanni Benedetto Castiglone, Genova (1610-1655); "Satiro Assiso" Percy E9-Bartsch Acquaforte*
Acquaforte (aqua fortis) anticamente designava l'acido nitrico, detto anche mordente.
Oggi indica un tipo di stampa ed il modo per produrla.

Acido (o mordente) utilizzato per corrodere le lastre di rame.
Si distinguono tre tipi di mordente: acido nitrico nitroso; acido cloridrico, diluito con clorato di potassio; Bagno Olandese, percloruro di ferro. L'acquaforte è un processo che si crede sia stato inventato da Daniel Hopfer ad Augusta, Germania.
Col tempo, questa tecnica divenne popolare quanto l'incisione.
Un grande vantaggio è dato dal fatto che per fare delle incisioni sono richieste conoscenze da esperti in metalli ed oreficeria in genere, mentre l'acquaforte è relativamente semplice da realizzare.
Le stampe con l'acquaforte sono generalmente molto lineari e spesso contengono dettagli rifiniti e contorni.
La linea varia dal levigato all'abbozzo. L'acquaforte è l'opposto della xilografia dato che nell'acquaforte sono le fenditure a trattenere l'inchiostro e non le parti in rilievo. Nella tecnica pura, una lastra di metallo viene ricoperta con una sostanza a base di cera. L'artista poi disegna sulla superficie con un ago in metallo, togliendo in quel punto la copertura e quindi esponendo il metallo. La lastra viene quindi imbevuta in un bagno di acido.
L'acido corrode il metallo, dove è esposto. Il processo di stampa finale è identico a quello incisorio.

*Acquaforte - Giovanni Benedetto Castiglone, Genova (1610-1655); "Satiro Assiso" Percy E9-Bartsch.

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Acquatinta-Acquaforte - E.W. Rohling (prima metà del XIX sec.); "Veduta di città sul fiume Acquatinta*
L'acquatinta è una tecnica di incisione su metallo che consiste nell'arricchire una matrice (stampa) di toni chiaroscuri.

Tecnica simile al mezzotinto ma di grana più regolare.
Sulla base dell’acquaforte si fanno depositare grani di sabbia, polvere o sale che vengono poi rimossi lasciando una superficie porosa pronta ad essere incisa.
Grazie all'uso delle morsioni in acido, nel 1734 il francese Giovanni Leprince darà un ulteriore contributo alle ricerche inventando la tecnica detta dell'acqua tinta, sistema che permise di ottenere effetti tonali stabiliti in tiratura. Il metodo nacque dall'idea di rendere granulare la superficie attraverso l'uso dell'acido.
Per ottenere ciò il Leprince si avvalse di polvere finissima di colofonia (pece greca), che lasciata depositare sulla lastra vi veniva poi fissata attraverso il calore. La pece impiegata in tal modo protegge la lastra in un'infinita quantità di piccoli punti dall'azione mordente e permette di realizzare in stampa delle superfici di tono uniforme più o meno scure a seconda dei tempi di permanenza nel bagno d'acido.

*Acquatinta-Acquaforte - E.W. Rohling (prima metà del XIX sec.); "Veduta di città sul fiume."

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AGO DA ACQUAFORTE
Strumento usato per aprire le linee sulla lastra coperta di vernice.
Gli aghi variano di spessore e sono con punta più o meno aguzza.

BARBE
Materiale a ricciolo sollevato dal bulino o dalla punta secca ai lati dei solchi.
Solitamente il materiale è asportato, ma volendo ottenere un effetto vibrato si possono conservare e inchiostrare
(ciò è più frequente nella tecnica della punta secca).

BRUNITOIO
Strumento in acciaio, può essere sagomato in varie forme ma sempre senza spigoli taglienti.
Arrotondato nei margini e perfettamente lucido è usato per abbassare o livellare il metallo delle matrici lungo i solchi creati, alleggerendo o cancellando completamente il segno.
Si usa anche dopo il raschietto per lisciare e rilucidare la lastra.

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Bulino - Marcantonio Raimondi, Bologna (1480-1530.); "Silento sorretto da un satiro Bulino*
Strumento usato per incidere le matrici di metallo.
E’ costituito da una piccola asta di metallo con sezione quadrata o a losanga montata su un’impugnatura di legno a forma di mezza sfera, modellato, in modo tale di lavorare quasi in piano con la lastra e permettere all'incisore di esercitare una forte pressione con il palmo della mano. Incidendo il rame, il bulino produce un solco a sezione triangolare, da cui vengono poi asportate le barbe (filamenti di metallo) provocate dal bulino ai bordi del taglio.
L'incisione a bulino richiede un notevole sforzo fisico.
Poiché tale procedimento d'incisione tende a costringere il becco del bulino entro il solco, impedendo una più libera manualità, le lastre ottenute con tale tecnica presentano fasce di segni dall'andamento ampio e regolare, dal bordo netto; ben riconoscibili anche dal fatto che ogni segno bulinato inizia ed eventualmente termina assottigliandosi fino a morire in una punta.

Vari tipi di bulino, strumenti per incidere il metallo

Derivando le prime matrici metalliche per la stampa dall'ambiente di orafi ed argentieri, ci è facile comprendere come tali primi elaborati siano stati realizzati con i medesimi strumenti; in primo luogo il bulino. L'azione del bulino provoca un vero e proprio solco e permette all' incisore di ottenere sulla carta dei segni di intensità variabile: infatti, più il bulino avrà scavato in profondità, più largo risulterà il solco, maggiore la quantità di inchiostro che vi si depositerà.
In tal modo risulterà che i segni più larghi saranno più scuri mentre quelli sottili, in quanto meno profondi sulla lastra, saranno più chiari e trasparenti.
Le lastre generalmente usate nel primo periodo erano di rame, dello spessore di poco superiore al millimetro, ottenute martellinando e levigando il metallo grezzo. La scelta di tale materiale deve essere attribuita ad una serie di requisiti quali durezza e malleabilità, inalterabilità, scarsa ossidazione e soprattutto economicità che fin dal tempo antico presentarono il rame come elemento più adatto all'incisione.
L'azione del bulino provoca sulla lastra dei riccioli laterali e frontali al solco durante l'incisione, che vengono rimossi con un raschietto, avendo cura di non graffiare la lastra in quanto ogni seppur piccolo segno è in grado di trattenere l'inchiostro e di trasferirlo sulla stampa. Il modo di incidere a bulino, definito anche a taglio dolce si manifestò all'inizio attraverso due ben distinte tendenze: una maniera fine, propria dell'ambiente degli orafi ed una larga che aveva come punto di riferimento il disegno a penna e gli ambienti della pittura.

*Bulino - Marcantonio Raimondi, Bologna (1480-1530.); "Silento sorretto da un satiro."

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Calcografia
Tecnica di stampa in cavo. Procedimento di stampa mediante matrici di metallo: le più usate sono di rame, ma sono state sperimentate anche altri materiali quali zinco, ferro, argento, acciaio, ottone.

Nel sistema a stampa calcografico, l'inchiostro depositato nel cavo dei segni della matrice metallica viene ad essere asportato in fase di stampa dalla forte pressione esercitata per mezzo del torchio a stella a scorrimento orizzontale. L'impressione viene ricavata su carte speciali rese più morbide in acqua e adatte quindi a penetrare nei segni per cavarne l'inchiostro.
Ne risulta che le stampe realizzate in calco (bulino, acquaforte, punta secca, acquatinta, maniera nera, cera molle) si presentano con i segni leggermente in rilievo (barbe) di solito ben visibili con una lente e nelle prime tirature rilevabili anche al tatto. Quando tale caratteristica non è rilevabile con evidenza la stampa viene considerata stanca cioè stampata quando la matrice era già stata ampiamente sfruttata.
Le matrici in rame garantiscono dalle 100 alle 150 buone stampe, lo zinco permette invece di raggiungere un massimo di 60-80 buone impressioni. Nell'Ottocento, grazie alla galvanoplastica, le lastre venivano spesso acciaiate mediante un deposito elettrolitico di ferro o di cobalto che ne prolungava l'uso permettendo tirature molto elevate.

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Fabbricazione manuale della carta nel XVI secolo Carta*
La pietra e le tavolette di argilla sulle quali le prime civiltà agricole incidevano i propri caratteri e i propri ideogrammi si dimostrarono ben presto mezzi estremamente scomodi ed ingombranti.
Fu soprattutto per l'affermarsi del commercio e quindi dei trasporti che si dovette ben presto trovare un materiale più leggero e maneggevole. Il papiro usato fino al primo Medio Evo, fu lentamente sostituito dalla pergamena, un prodotto rivelatosi più pratico e robusto.
Nell'antica Cina al posto del papiro veniva usata la seta o strisce di bambù sottilissime e strettamente legate sulle quali veniva generalmente scritto a pennello e che potevano essere arrotolate per essere conservate e trasportate con facilità.
Il primo supporto cartaceo in senso moderno fu però ottenuto in Cina dove si produsse la prima carta utilizzando presumibilmente un impasto di fibre vegetali macerate assieme a sostanze organiche. Tale impasto veniva disteso sopra un tessuto poroso con l'intento di lasciar filtrare via l'acqua e agevolare l'essiccazione quindi, dopo essere stato pressato perché acquistasse consistenza, veniva lasciato ad asciugare al sole. Il principio della fabbricazione rimase inalterato anche se furono perfezionati i criteri di lavorazione e gli strumenti adoperati nelle varie fasi.
Furono messi a punto particolari telai per la raccolta dell'impasto che lasciavano sulla carta leggere vergature in corrispondenza delle stecche e dei fili finemente intrecciati per trattenere l'impasto e lasciar filtrare l'acqua. In Italia la prima cartiera di rilievo, destinata a divenire la più importante d'Europa, sorse a Fabriano nelle Marche nel 1276 ed è assai probabile che in seguito siano stati proprio i cartai italiani, attratti da allettanti proposte, i propagatori nel nord europeo dell'arte cartaria. Dalla riuscita degli impasti nasce la qualità della carta che deve essere solida ed omogenea, priva d’impurità e abbastanza porosa da assorbire l'inchiostro da stampa, strutturalmente consistente per evitare che la pressione del torchio provochi macchie. Bisogna tener presente che i primi torchi da stampa erano macchine assai rudimentali esercitanti una notevole pressione verticale, derivate nella concezione meccanica dai torchi usati per pigiare uva e olive.
La carta migliore fabbricata in Europa è stata l'antico vergato, prodotto prima in Italia poi in Francia tra il XVI e il XVII secolo. La carta però di maggiore pregio mai realizzata e tuttora considerata la regina delle carte fu ottenuta in Giappone con l'uso di fibre di gelso prima ed in un secondo tempo con quelle del gampi, una pianta orientale da noi pressoché sconosciuta; di tale carta è accertato che Rembrandt (XVII sec.) uno dei massimi esponenti dell'incisione europea dovette acquistarne un grande quantitativo che usò personalmente per le sue opere e per quelle dei suoi più stretti collaboratori. Tale carta è priva di vergature e filigrane, abbastanza spessa, di colore tra il bianco e l'ambrato ed è rimasta ineguagliata.
Anche se carte simili furono prodotte in seguito e soprattutto nell'Ottocento non raggiunsero mai la morbidezza di tono e d’impasto dell'originale. La mancanza di materie prime fu nel passato sovente la causa della chiusura di numerose cartiere, perciò per secoli fiorì il commercio di stracci vecchi e vele di navi, corde marce e materie organiche di ogni genere per far fronte alle richieste sempre maggiori. Nell'Ottocento si cominciò ad adoperare la pasta di cellulosa, motivo per cui la carta cominciò a perdere in morbidezza ed elasticità acquistando di contro una maggior omogeneità e compattezza, caratteristiche del resto richieste dalle moderne macchine da stampa che in tale periodo andavano perfezionandosi. Oggi le avanzate tecnologie hanno reso possibile un'elevata produttività a scapito però, come è logico, della qualità; carte di grande pregio vengono comunque ancora realizzate anche con gli antichi metodi manuali e vengono adoperate per pubblicazioni di prestigio e nel settore della stampa d'arte originale.

*Fabbricazione manuale della carta nel XVI secolo.

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FELTRO
Il feltro è un stoffa realizzata in pelo animale. Non è un tessuto ma viene prodotto con l'infeltrimento delle fibre. Il materiale che lo compone comunemente è la lana cardata di pecora, ma si può utilizzare qualsiasi altro tipo di pelo di: lepre, coniglio, castoro, lontra, capra e cammello. Ha le caratteristiche di essere: caldo, leggero e impermeabile.
Le fibre vengono bagnate con acqua calda, intrise di sapone e manipolate (battute, sfregate, pressate) fino ad ottenerne, con processi meccanici e chimici, l'infeltrimento. La loro legatura è data dalla compenetrazione delle microscopiche squame corticali che rivestono la superficie dei peli. Il processo è progressivo e irreversibile.
Il feltro tradizionale è del colore dei peli usati ma si può produrne di colorato utilizzando lana tinta in fiocco.

INCISIONE
Si dice per tutte le tecniche con cui si ottengono matrici da stampa con la superficie segnata da solchi, o comunque dove si asporti del materiale, come nella xilografia e calcografia in genere.
Inoltre con questo termine si definisce sia il disegno inciso sulla lastra, sia l'immagine su carta che ne consegue dopo il procedimento di stampa.

INCISIONE IN CAVO
Tecnica di incisione in cui lo spazio inciso ha un valore positivo e corrisponde al disegno.
In sostanza i solchi incisi accoglieranno l’inchiostro in fase di stampa.

INCISIONE IN RILIEVO
Tecnica di incisione in cui gli spazi incisi corrispondono alle zone da lasciare in bianco a stampa ultimata.
Le zone in rilievo andranno inchiostrate in fase di stampe.

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Litografia - Honoré Daumier (1808 - 1879); "Croquis Parisiens" Litografia*
Procedimento di stampa mediante matrici di pietra disegnata con una matita grassa.

La caratteristica principale del procedimento a stampa litografico è costituita soprattutto dal fatto che tale procedimento permette di realizzare lo sfumato come nel disegno a matita o a carbone.
L'uso di matite grasse litografiche, del pennello e della penna nella realizzazione delle matrici rende la stampa litografica ricca di possibilità espressive e differente da ogni altra tecnica di stampa. Difficile, per chi non è esperto, potrebbe essere il distinguere una litografia da un'acquatinta; a tale proposito bisogna tenere presente che i toni delle superfici, realizzate all'acquatinta, sono uniformi nella grana mentre quelle realizzate litograficamente sono più irregolari e ricche di passaggi graduali. La litografia è la tecnica più adatta alla realizzazione di stampe a colori in quanto i passaggi e le sovrapposizioni di colore sono agevolate da una materia sfumata e non necessariamente troppo grafica.
Con le matrici in pietra levigata comunque possono essere ottenuti anche segni nitidi usando la penna e l'inchiostro litografico; in tal caso la stampa presenterà una materia grafica scorrevole e fluida del tutto simile ad un disegno realizzato a china. Nella litografia non esiste lo sbalzo creato dalla lastra in quanto vengono usate matrici in pietra o in metallo granito di solito più grandi del foglio da stampare. L'impressione, nella stampa litografica, non presenta rilievi di sorta in quanto le zone stampanti sono sullo stesso livello delle zone bianche e l'inchiostrazione è resa possibile dalla caratteristica idrofugante della matrice che in fase di stampa viene mantenuta costantemente bagnata e permette all'inchiostro di depositarsi solo sulle zone grasse cioè dove è stato tracciato il segno.

*Litografia - Honoré Daumier (1808 - 1879); "Croquis Parisiens".

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MANIERA A LAPIS O A GESSETTO
Procedimento tonale che consiste nell’incidere sulla lastra una serie di puntini. Il disegno viene tracciato con una rotellina dentata o un bulino a più punte per imitare il segno della matita, della sanguigna o del carboncino.

MANIERA A PASTELLO
Procedimento simile alla maniera a pastello utilizzando, però, una serie di lastre in successione per stampare i vari colori a imitazione del pastello.

MANIERA PUNTEGGIATA
Il principio della maniera punteggiata è quello della maniera a lapis con la differenza che i puntini sono ottenuti con l’uso di un bulino particolare.

MANIERA NERA
Procedimento di stampa col quale si ottengono disegni in bianco su sfondo nero. Questo procedimento che dà dei neri molto profondi e vellutati , richiede un utensile chiamato "berceau", la cui lama semi-circolare è dentellata.
Quando la lastra "bercée" è completamente annerita, bisogna usare i raschietti e i brunitoi.

MORDENTE
Termine generico che sta ad indicare la sostanza chimica utilizzata per incidere il disegno sulla matrice in
metallo. Nell’incisione calcografica: acido nitrico, percloruro ferrico, mordente olandese, ecc. diluiti in acqua.

MORSURA
Nelle incisioni e nelle arti grafiche, operazione d'intaccare la lastra metallica con un acido per asportare le parti non desiderate. Morsura è il termine che indica la tecnica di far corrodere una lastra dal mordente:
• Morsura piana se la durata dell'acidatura è uguale su tutta la lastra
• A più morsure se i tempi di corrosione dell'acido variano da zona a zona della lastra onde ottenere
quantità maggiori o minori di inchiostro.

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Punta secca - Rodolphe Piquet, Ginevra (1840-1915); "Giovane donna col manicotto" Puntasecca*
Punta affusolata con cui si incide il rame.
Tecnica di incisione diretta, si incide la superficie della lastra con
una punta di acciaio, o di leghe speciali o di diamante.

Uno dei sistemi più elementari e spontanei di realizzare matrici metalliche consiste nell'incidere direttamente la lastra con punte coniche di acciaio molto robuste senza preoccuparsi delle irregolarità che le barbe sollevate andranno a provocare in stampa. Molto usata da Rembrandt nel 600 per la materia pittorica che permetteva di realizzare la punta secca ha il solo difetto di concedere un numero limitato di copie in quanto la pressione del torchio schiaccia ben presto le barbe facendo perdere quei particolari effetti che costituiscono il pregio delle stampe ricavate da tali matrici.

*Punta secca - Rodolphe Piquet, Ginevra (1840-1915); "Giovane donna col manicotto".

Serigrafia - Salvatore Fiume (1915-1997); serigrafia su broccato Serigrafia*
Procedimento di stampa da matrice in piano.
L'inchiostro passa attraverso un tessuto di seta o nylon a trama
rada fissato a un telaio in cui le parti che non devono essere stampate sono precedentemente rese impermeabili.
Consente di operare su materiali diversi dalla carta come alluminio, laminati plastici.

La tecnica serigrafica ha origini antichissime. Importata dalla Cina, ha avuto modo di comparire in occidente negli ultimi tempi anche nel settore delle stampe d'arte. La materia grafica che è in grado di offrire è abbastanza limitata e si presta soprattutto a realizzazioni che non richiedano ricchezza di effetti sfumati. Per ottenete tali effetti si è costretti a ricorrere ad una sorta di puntinismo che solo raramente riesce a produrre effetti di particolare pregio estetico.
La serigrafia, proposta come tecnica grafica legata al mondo delle stampe d'arte ha conosciuto uno splendido momento con la Pop-Art degli anni Sessanta in quanto la sua materia ben si adattava alle esigenze espressive degli artisti di tale periodo. Sfruttando la tramatura finissima della seta (o di tessuti equiva- lenti)il sistema di stampa può definirsi addirittura elementare: si tratta infatti, di chiudere con vernici non solubili nell'inchiostro la trama del tessuto in corrispondenza delle zone che si vogliono mantenere bianche (usando a tale scopo vari sistemi) in modo che nella fase di stampa l'inchiostro passi soltanto attraverso le zone libere. La seta viene montata su telai di legno o metallici in modo da risultare ben tesa e leggermente elastica. Il telaio a sua volta viene fissato ad un supporto incernierato per poter agevolmente mettete e togliere il materiale da stampare.
L'impressione si ottiene comprimendo in scorrimento con una spatola di gomma uno strato di inchiostro fluido depositato e sorretto dalla seta che ha la doppia funzione di raccoglitore del pigmento e di matrice di stampa. La seta, leggermente distaccata dal piano di stampa, attraverso la pressione e lo scorrimento lascia filtrare e depositare gradatamente, in corrispondenza della linea di pressione stessa, l'inchiostro distanziandosi via via per l'elasticità del tessuto dalle zone già stampate. Attualmente poco usata nel settore artistico trova invece una notevole applicazione nel settore della piccola pubblicità e soprattutto in quello delle stoffe stampate.
La stampa realizzata serigraficamente è facilmente riconoscibile in quanto il colore che viene depositato crea uno strato uniforme facilmente riscontrabile a vista e al tatto. Anche quando si tratta di stampe realizzate con l'uso di più matrici e che sfruttano la sovrapposizione dei colori, la caratteristica di omogeneità delle superfici stampate rimane molto evidente e riconoscibile anche dall'occhio meno esperto.

*Serigrafia - Salvatore Fiume (1915-1997); serigrafia su broccato.

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Acquaforte Originale - Gianni Raffaelli (Firenze 1952); Piazza Navona (particolare) 31x16 cm Stampa Originale*
Stampa prodotta in più esemplari eseguita personalmente dall’autore sia nell’intaglio che nella stampa; presenta la firma dell’autore e il numero progressivo seguito dal numero totale degli esemplari.

Attorno al problema di una giusta definizione di quella che debba essere considerata a tutti gli effetti, una stampa originale molto si è discusso e molto si discuterà. É opinione diffusa, condivisa per altro da autorevoli personalità, che originale debba essere considerata solo la stampa d'autore concepita come prodotto artistico autonomo e non come riproduzione, anche se manuale, di un'opera d'arte di altro autore. Tale posizione però rimane equivoca, soprattutto in considerazione del fatto che in determinati periodi l'autore non è stato necessariamente anche l'esecutore del lavoro incisorio che veniva demandato alle botteghe, quindi ad oscuri anche se abilissimi artigiani. É da ormai un secolo che il problema non trova soluzione e sarebbe opportuno, anche nel rispetto di tanti illustri sconosciuti incisori, che per originale debba intendersi ogni stampa ottenuta da una matrice incisa e comunque realizzata manualmente. Aggiungendo a ciò una distinzione per quelle ideate e realizzate da matrici eseguite manualmente dall'artista, definendole come "originali d'autore". Del resto anche nel passato l'esigenza di un'esatta definizione dei ruoli aveva determinato l'uso di particolari attributi, per cui è auspicabile giungere ad una definizione accettabile e convenzionale, un denominatore comune cui ciascuno possa far riferimento. Fin dal '400 l’incisore prese l'abitudine di contrassegnare le proprie stampe con una sigla, un monogramma che aveva la funzione di marchio di fabbricazione. Tali sigle potevano a volte corrispondere alle iniziali dell'autore, essere simboli o l'unione dei due, avere riferimenti araldici o religiosi, in ciò simili alle filigrane usate dai maestri cartai.
Nel '500 però cominciò già ad affermarsi l'uso della firma per esteso o abbreviata e il fatto è da porre in relazione all'affermarsi del pensiero umanistico e alla conseguente rivalutazione dell'opera e del mestiere del singolo artista.
(Vittorio Emanuele II e Garibaldi a Teano, Caserta, il 26 ottobre 1860, olio di De Albertis) In tale periodo la firma dell’artista autore, sovente accompagnata dalla data, veniva collocata all'interno della parte illustrata e solo raramente posta nel margine inferiore. Là dove la stampa serviva a riprodurre un'opera d'arte altrui, i nomi del creatore (generalmente l'autore di un dipinto) e quello dell’incisore venivano collocati nel margine inferiore all'interno della battuta della lastra (perciò incisi): sulla destra il nome dell'esecutore e sulla sinistra quello dell'autore. In alcuni casi al centro veniva riportato anche l'eventuale nome del disegnatore che aveva tradotto graficamente il dipinto, facilitando l'opera dell’incisore.
Già nel Cinquecento cominciano comunque ad apparire sulle stampe il nome dello stampatore e più sovente dell'editore (quando non fossero riassunte dalla stessa persona) e spesso si trovano riportate indicazioni relative alla locazione dell'attività e le eventuali licenze concesse dalle autorità. A volte le lastre cambiano proprietà, stamperia, e altre volte più attributi vengono riassunti dalla stessa persona, motivo per cui tali indicazioni dovettero nel tempo necessariamente trovare sinonimi che definissero sinteticamente il ruolo svolto da ciascun operatore. Cosi troviamo che generalmente il nome dell’incisore è seguito dai verbi latini: sculpsit, incidit, fecit o dalle loro abbreviazioni. Il nome dell'inventore dell'immagine dai verbi: invenit, pinxit o delineavit anche se tale terzo termine ha sovente creato confusione in quanto usato anche per indicare il disegnatore.
Quando, agli inizi, la figura dello stampatore e quella dell'editore potevano essere riassunte, il nome veniva seguito da una delle allocuzioni: excudit, formis ed apud; in seguito però con la divisione dei ruoli l'excudit fu usato solo per l'editore mentre per lo stampatore si ricorse definitivamente al termine impressit.
Nel Seicento e soprattutto nel Settecento si affermò l'uso di inserire un gran numero di scritte, fregi, stemmi; così sulle stampe, oltre ai nomi degli autori, disegnatori, incisori, editori e stampatori, troviamo anche titoli, dediche, citazioni, privilegi, simboli araldici relativi ai soggetti o ai loro committenti. Ai nostri giorni la stampa originale è solo quella d'autore, essendo stata superata grazie ai sistemi della fotoincisione l'esigenza di affidare ad incisori il compito di riprodurre. Gli stampatori si limitano generalmente da apporre un marchio a secco mentre titoli, firma e numerazione vengono riportati nel margine inferiore a mano dall'artista. Prima di arrivare allo stato definitivo di una lastra, stato da cui stampare poi la tiratura, esiste un percorso, testimoniato da stati intermedi che sono relativi alle prove eseguite dall'artista per mettere a punto il lavoro.
Le stampe di tali primi stati, a prescindere dal loro valore estetico, sono ricercatissime perché testimoniano del tipo d’intervento eseguito dall'artista per portare a compimento l'opera. Tra le stampe di tiratura che anticamente non venivano numerate, è evidente che vengano considerate di maggior pregio le prime stampate, in quanto sono le più fresche e ben incise. Più la tiratura procede più le stampe risulteranno stanche e sbiadite, segno del declino della matrice a causa dello schiacciamento subito a causa della pressione dei cilindri di stampa. Esistono anche esemplari fuori tiratura che vengono realizzati nel momento in cui viene messo a punto il tono dell'inchiostro e si sceglie la carta più adatta al soggetto. Tali esemplari detti bon a tirer di solito vengono conservati dall'editore e dallo stampatore ed è raro trovarli in commercio. Altri esemplari fuori tiratura sono le cosiddette prove d'autore, che l'artista fa stampare in più per disporne come meglio crede; di solito tali prove, molto limitate, sono ricercate in quanto è scontato che l'autore tenda a scegliere per se le copie migliori.

*Acquaforte originale - Gianni Raffaelli (Firenze 1952); Piazza Navona (particolare) 31x16 cm. realizzata in esclusiva
per "Muccifora e Bianchelli" - via della Cuccagna - Roma.

STATO
Riutilizzo di una lastra sulla quale sono state precedentemente apportate delle modifiche.
Qualsiasi aggiunta su una lastra costituisce un ulteriore stato.

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Torchio Calcografico a Stella Torchio
Macchina da stampa utilizzata per l'impressione nei tre sistemi di stampa: tipografico, litografico e calcografico.

Il torchio tipografico adottato dai primi stampatori è costituito da un piano sul quale viene posta la forma, inchiostrata mediante i mazzi (grossi tamponi imbevuti di inchiostro); la parte superiore è formata da un secondo piano, azionato mediante un sistema meccanico di leva-vite. La carta, posta sopra la forma, riceve la stampa attraverso la pressione del piano superiore.
Il torchio litografico si differenzia da quello tipografico per il modo in cui la pressione di stampa è esercitata sulla pietra o sullo zinco montati su un piano scorrevole, mediante una racla di legno (una specie di spatola ricoperta di cuoio), chiamata anche "coltello". Il movimento del piano scorrevole si effettua manualmente mediante una ruota a stella (simile al timone di una nave): questo tipo di torchio è perciò chiamato "Torchio a Stella".
Il Torchio Calcografico
è composto dalla tavola portalastra (il cui movimento scorrevole si ottiene attraverso la rotazione del cilindro inferiore) e dal cilindro superiore che ha la funzione (sempre attraverso la rotazione) di esercitare la pressione sulla lastra stessa. Viene descritto ed illustrato nell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert, e la struttura e le modalità di impiego sono ancora le medesime. Una struttura robusta supporta due rulli, uno dei quali nei torchi tradizionali viene mosso da una tradizionale ruota a stella, mentre l'altro serve a dare la pressione. Tra i due, è inserita una lastra piana, trascinata dalla rotazione del rullo, sulla quale è stata appoggiata la lastra incisa inchiostrata, la carta inumidita, e del feltro per distribuire la pressione.
Il foglio stampato, a seconda del metodo utilizzato nella stampa e/o per la creazione della lastra inchiostrata, può essere una stampa, un'acquaforte o acquatinta o bulino o incisione. Una buona stampa richiede una forte pressione specifica, e pertanto nel passato si sono utilizzati torchi calcografici con gigantesche strutture di legno, mentre attualmente si possono utilizzare anche torchi considerevolmente più piccoli, per mezzo dell'impiego di molle a tazza: un vantaggio aggiuntivo è che sono facilmente regolabili e permettono risultati ottimi, mentre la regolazione mediante spessori nei torchi tradizionali poteva rivelarsi un'impresa.

VERNICE PER ACQUAFORTE
Miscela di cera, gomma e resina inattaccabile all’acquaforte con cui si ricopre la lastra destinata a ricevere il mordente. Viene applicata con un tampone di seta o pelle di capretto dopo essere stata sciolta su fiamma o in cloroformio o con un rullo lasciando la miscela della consistenza di una pasta.

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Xilografia su legno di testa - A. Lepère (1844-1918); "Bruxelles Cahambre des Deputés" Xilografia*
Tecnica di stampa in rilievo.
Procedimento di stampa che utilizza come matrice una tavoletta di legno duro sulla quale si intaglia, con sgorbie, appositi coltellini o altri attrezzi, l'immagine desiderata.

Il sistema xilografico antico (su legno di filo), così come quello tipografico, si avvalevano dell'uso di torchi a pressione verticale ed è perciò che i caratteri e le zone scure producevano nell'imprimitura zone a rilievo facilmente riscontrabili al tatto e ben visibili soprattutto sul retro della pagina stampata.
Nella realizzazione delle matrici xilografiche si opera mediante sgorbie e coltelli che producono segni di particolare fattura, più rigidi rispetto al segno tracciato liberamente con un lapis, una penna o un bulino.
Nella xilografia inoltre il segno può essere modulato nel suo spessore più di quanto possa avvenire attraverso l'uso di altre tecniche. Sovente, se gli spazi bianchi sono particolarmente ampi, possono essere visibili leggere tracce d'inchiostro che il rullo ha depositato per la sua morbidezza all'interno delle zone scavate. Può verificarsi inoltre che a volte un leggero eccesso d'inchiostro provochi sulla stampa un accumulo del medesimo e leggere sbavature ai margini delle zone impresse.
Il sistema xilografico moderno, su legno di testa, cioè tagliato tra- sversalmente rispetto alle fibre, di solito è usato per ottenere una materia grafica minuziosa pittorica e ricca di toni. L'uso di piccole sgorbie è molto evidente anche ad occhio nudo. Tale tecnica venne usata a partire dalla seconda metà dell'Ottocento poiché le matrici potevano facilmente essere adattate alle macchine di stampa tipografiche piano cilindriche ad inchiostrazione automatica. L'impronta che si può rilevare è di conseguenza appena percettibile in quanto inchiostrazione e pressione potevano essere ben regolate evitando il forte schiacciamento provocato dai torchi verticali.
Alla lente a forte ingrandimento, nella xilografia in generale, può essere notato, da occhio esperto, l'accumulo di inchiostro verso il margine esterno del segno, dovuto alla pressione in fase di stampa.

*Xilografia su legno di testa - A. Lepère (1844-1918); "Bruxelles Cahambre des Deputés".

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Abbreviazioni e termini usati nelle Stampe d'Arte Incise:

Sculpsit (sc., sculp.), Celavit (cel.), Incidit (inc., incid, incisor): accompagnano il nome dell’incisore a bulino.
Fecit (f., fec.), Acqua Forti (a.f.): accompagnano il nome dell’incisore ad acquaforte.
Pinxit (p., pinx.), Delineavit (d., del.): accompagnano il nome del pittore o del disegnatore.
Inventit (inv., inventor), Composuit (com.), Figuravit (fig.,): accompagnano il nome dell’inventore del disegno.
Excudit (exc.), Divulgavit (div.): accompagnano il nome dell’editore o del mercante di stampe.
Impressit (imp.): accompagnano il nome dello stampatore.

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