TornasoleArte, a brief version of Etching History and its Techniques, from its origins to the XX
L'incisione è sempre stata considerata un’arte minore: la mancanza di colore, l'operazione di traduzione, il fine spesso "popolare", sembrano togliere alla pratica incisoria dignità artistica. In realtà, oltre ad avere un ruolo documentario importantissimo, la stampa possiede tutti i canoni della creazione artistica; va aggiunto inoltre che l’operazione è molto complessa mancando all'incisore il controllo completo del suo lavoro che è obbligato a svolgere a rovescio e in precarie condizioni di visibilità.
L'origine dell'incisione è antichissima: la linea incisa è uno tra i modi più immediati per decorare le superfici, basti pensare alle immagini preistoriche su supporti d’osso o pietra, ai motivi decorativi della ceramica e ai graffiti preistorici. Come espressione artistica l’incisione si manifesta, però, nella decorazione di prodotti di metallo: la toreutica antica, l’oreficeria medievale facevano uso di bulini, ceselli, agemine, nielli. In epoca classica le tecniche si perfezionano e in epoca bizantina prima, e carolingia e ottoniana poi, saranno tra le attività artistiche per eccellenza.
Nel medioevo la pratica orafa è parte integrante del percorso formativo dell'artista. Firenze e Siena, centri del rinnovamento dell'arte italiana, vantano, nel periodo gotico, una lunghissima tradizione nel campo dell'oreficeria.
Solo a partire dal XV secolo però sai comincia ad usare le superfici incise per trasferire impressioni su carta.
D'obbligo, prima di entrare nel vivo della materia, un distinguo tra l’incisione in cavo (in cui il segno inciso corrisponde al disegno finale) e l'incisione in rilievo (solitamente su matrice di legno in cui vengono scavate le parti che in fase di stampa dovranno rimanere bianche). Le due arti sono molto diverse tra loro e godono, fin dalle origini di diversa stima: l’intagliatore di matrici xilografiche fa parte della categoria dei falegnami; l'orafo si muove con una preparazione più completa.
La nascita della stampa d'arte, il cui impulso viene prima dalle possibilità di lauti guadagni con le rappresentazioni di santi venduti nei conventi, poi, con l'introduzione delle carte da gioco, gode dell'eredità diretta della stampigliatura mediante matrici lignee, la xilografia, nata probabilmente in Estremo Oriente e diffusasi in Europa attraverso le Fiandre e in Italia grazie a Venezia. Blocchi di legno incisi a rilievo venivano usati per decorare i tessuti, ma non è giunta a noi alcuna testimonianza di uso delle matrici in legno su carta prima della seconda metà del XIV secolo. Questa tecnica consiste nell'intaglio, con uno strumento chiamato sgorbia, di una tavoletta d i pochi centimetri seguendo un disegno precedentemente delineato dall'artista.
Sono usati prevalentemente legni morbidi (melo, pero, ciliegio) intagliati parallelamente (legni di filo) o trasversalmente le fibre (legno di testa): nel primo caso si ottengono linee e contorni piuttosto rigidi, nel secondo caso i risultati sono più morbidi e simili a quelli dell'incisione su metallo. Il legno inchiostrato viene poi pressato sul supporto e il risultato della stampa è corrispondente al disegno intagliato sulla tavoletta.
Effetti pittorici di migliore qualità si possono ottenere con l'incisione di lastre di metallo. La tecnica nasce forse per un caso fortuito (o così è bello pensare) nella bottega di qualche orafo nordico; Vasari racconta che anche per il fiorentino Maso Finiguerra la "scoperta" dell'incisione calcografica è dovuta al caso: pare sia stata una lavandaia a suggerire all’orafo di trasferire su carta l'impronta dei suoi nielli. Si tratta di un aneddoto di scarso fondamento essendo accertato che la culla dell’arte calcografica è il nord Europa.
Non si può comunque escludere che la "scoperta" sia avvenuta indipendentemente in tempi e in modi diversi in Germania e in Italia. L'incisone su metalli ha nella tecnica a bulino la sua prima e diffusa espressione. Il primo rame a bulino di cui si ha traccia è una Flagellazione di Cristo datata 1446 opera di un incisore tedesco.
Il bulino avrà sviluppo fino al tutto il Cinquecento e toccherà il suo apice qualitativo nelle produzioni dei Carracci.
Sarà poi sostituita dall’acquaforte che comincia a fare la sua apparizione nel Cinquecento e troverà massima applicazione a partire dal secolo barocco. Accanto a bulino e acquaforte è necessario menzionare la punta secca.
Il bulino è lo strumento usato per incidere la lastra; si tratta di un'asta d'acciaio (o altro metallo duro) con punta tagliata trasversalmente a becco montata su un'impugnatura di legno. Ad incisione terminata con un raschiatoio vengono tolte le "barbe", i riccioli di metallo sollevati ai lati dei solchi. La punta secca, al contrario del bulino, non asporta materiale dalla lastra ma ne solleva i bordi e le barbe che si formano non vengono rimosse.
Il procedimento dell’acquaforte prevede che sulla lastra venga spalmata una vernice impermeabile e resistente alla morsura dell’acido (acqua forte appunto).
Con una punta d’acciaio di diversa grossezza viene tracciato il disegno asportando la vernice dalla superficie della lastra. Preparata con il disegno la lastra viene immersa nell’acido che corrode la lastra nei punti privi della vernice protettiva. Completata la morsura la lastra viene ripulita dalla vernice, inchiostrata e impressa.
Utilizzando il procedimento contrario, disegnando cioè con la vernice protettiva e esponendo la lastra alla morsura si ottiene una stampa in cui il disegno risulta bianco su fondo nero (maniera nera).
La possibilità di tracciare segni di diverse dimensioni, di procedere con diverse morsure successive e la libertà con cui la mano si muove sul piano permettono di giungere ad effetti chiaroscurali e pittorici.
E' la classe borghese dei mercanti che più di tutte si fa promotrice di un’espressione artistica nuova quale quella incisoria: il bulino assume un’importanza primaria nella diffusione della cultura e dell’informazione in campo religioso e politico, in quanto più rapida per esecuzione e quindi di intervento più tempestivo nel dibattito politico, rispetto alla pittura. Una nutrita serie di "Maestri" brilla nel firmamento delle stelle nordiche dell’incisione quattrocentesca di cui non si hanno notizie se non per le opere che ci sono pervenute.
Massimo erede della cultura nordica gotica è MARTIN SCHONGAUER (1450 ca. –1491) che conosce fama anche in Italia e ricopre un ruolo fondamentale nella formazione dell’altro grande interprete dell'arte incisoria, ALBRECHT DURER (1471-1528), pittore che stravolgerà la tecnica dell'incisione e su legno e su lastra.
Quest'ultimo fa il suo apprendistato nella bottega di MICHAEL WOLGEMUTH (1434 –1519) dove si copiano e ultimano incisioni di Schongauer, accanto a fogli di maestri italiani. Incisivo deve essere stato l’incontro con le opere del Mantenga e del rinascimento italiano tanto da assimilarne i fondamentali principi umanistici e le conquiste nel campo delle proporzioni. Le sue opere mature sono vitali e ricche di forza plastica.
Particolarmente attente alla componente luministica e tonale. Degno di essere nominato è ALBRECHT ALTDORFER (1480 ca. – 1538) se non altro per essere il primo ad usare il paesaggio all’acquaforte come soggetto autonomo.
Tra gli altri interessanti artisti grafici nordici del tempo sono LUCAS CRANACH IL VECCHIO (1472 – 1553) e HANS HOLBEIN IL GIOVANE (1497 ca – 1543 ca.). Incisore dai forti
effetti pittorici e dalle altissime qualità cromatiche è LUCA DI LEIDA (1494 – 1533): egli abolisce quasi totalmente le linee di contorno per creare sfumature e variazioni uministiche. Presto la stampa italiana si affiancherà a quelle tedesca, fiamminga e olandese nei mercati del Nord.
In Italia, attorno alla metà del Quattrocento, si segnalano le stampe di ANDREA MANTEGNA (1431 – 1506) caratterizzate da un linguaggio fortemente espressivo, ottenuto mediante una linea che sottolinea i profili e l'uso di una luce accecante, evidenza plastica e prospettica, tratti diagonali e paralleli. Tra gli incisori seguaci del Mantegna vanno ricordati: GIOVANNI PIETRO DA BIRAGO (attivo tra 1470 e 1513), GIOVANNI MARIA DA BRESCIA (attivo agli inizi del Cinquecento) E GIOVANNI ANTONIO DA BRESCIA (attivo dal 1490 ca. – dopo il 1525).
Sui due poli fra i quali si sviluppa l’incisione, Mantenga - Durer, ha la sua forte influenza il colorismo di Giovanni Bellini seppure mai si sia sperimentato nella tecnica incisoria.
Tra i maggiori interpreti del colorismo belliniano si collocano il muranese GIROLAMO MOCETTO (1454/1458 – dopo 1531), BENEDETTO MONTAGNA (1480 ca. –1555/58) e JACOPO DE' BARBARI (1445 – 1515 ca.), quest'ultimo massimo esponente grafico della cultura umanistica veneta facente capo a Ermolao Barbaro e del quale è notissima la Pianta di Venezia, topografia della città le cui matrici sono conservate al Museo Correr.
Sul finire del Quattrocento anche Milano rivolge il suo interesse alla stampa e, seppur non ci sia alcun dato certo sulla pratica dell’incisione da parte di Leonardo, data la sua natura di sperimentatore, non si può escludere che se ne sia interessato. Ma è Venezia, quale centro editoriale di primo piano in Europa, che nel Cinquecento continua a svolgere un ruolo chiave nel settore calcografico; TIZIANO VECELLIO comprende molto presto le altissime potenzialità divulgative dell’incisione (significato politico-religioso ha la gigantesca xilografia in 10 blocchi intitolata Trionfo della Fede) e sarà fortemente influente sull’esperienza di DOMENICO CAMPAGNOLA, pittore che deve molto della sua notorietà all'opera grafica.
Il paesaggio e la natura, nelle opere di questi artisti, acquistano nuova importanza divenendo protagonisti indiscussi della scena. Tiziano sposta la sua attenzione dalla xilografia all’incisione su rame con l'arrivo a Venezia del maestro olandese CORNELIUS CORT il quale a sua volta rinnova e vivifica il suo linguaggio tanto che lo stesso Vecellio riconoscerà in Cort il miglior interprete grafico della sua pittura "a macchia". Intimamente legato a Tiziano è anche GIUSEPPE SCOLARI (attivo 1592 – 1607) incisore di traduzione e originale.
Nel secondo Cinquecento la stampa calcografica si sostituisce rapidamente alla xilografia in quanto più versatile e meno laboriosa e quindi più adatta a divulgare i modelli fissati dal Concilio di Trento. MARCANTONIO RAIMONDI (1475/80 – 1534) si fa promotore di un nuovo modo di concepire la stampa di traduzione: egli elabora un linguaggio originale col quale riesce a interpretare i messaggi altrui attualizzandoli. A Firenze si fa interprete delle opere di Raffaello e di Michelangelo.
Massimi traduttori della concezione tonale di Giorgione e Tiziano sono GIULIO (1500?- 1564) e DOMENICO (1482 – 1515 ca.) CAMPAGNOLA attivi a Venezia. UGO DA CARPI (1480 – 1532) deve la sua fama storica all’introduzione della tecnica del chiaro-scuro, che consiste nell'uso di più blocchi di legno ciascuno con tonalità di colore diverso, con la quale si ottengono stampe colorate. Molti gli imitatori del carpigiano: tra questi il vero continuatore è identificabile in NICCOLO’ VICENTINO (attivo prima metà del XVI sec.).
La maniera a chiaroscuro in Italia ha vita breve e a metà del Seicento trova l'ultimo interprete in BARTOLOMEO CORIOLANO (1599 –1676). Maggior fortuna trova invece in Francia e nei Paesi Bassi con HENDRICKGOLTZIUS, ABRAM e FREDERICK BLOEMAERT (1610 ca. – 1672), NICOLAS e VINCENT LE SUEUR (1678 – 1743).
Nella prima metà del Cinquecento i contenuti delle stampe sono carichi di valenze simboliche religiose o profane che verranno meno a partire dalla seconda metà del secolo fino ai primi anni del secolo successivo.
Michelangelo non ha grande influenza sugli intagliatori veneti, ma piuttosto sui maestri del Nord Europa quali JAN SADELER (1550 –1600) capostipite di una feconda famiglia che presto si trasferirà a Venezia, HENDRICK GOLTZIUS (1558 – 1616) e HIERONIMUS COCK (1520 ca. – 1570), HANS COLLAERT ( 1530 ca. – 1581).
La cultura mantovana di Giulio Romano trova i migliori interpreti in GIOVAN BATTISTASCULTORI (1503 – 1575) e nei figli DIANA (prima del 1530 – dopo il 1588) e ADAMO (1530 ca. – 1585).
L'acquaforte esprime le sue massime potenzialità nelle opere del PARMIGIANINO (1503 – 1540) dallo stile libero, arioso opposto allo stile classico a bulino. L'acquaforte, più del bulino, si adatta al linguaggio manierista.
Lo stile di Parmigianino avrà influenza sullo SCHIAVONE (1520 ca. –1563) e sulla scuola di Fontainbleau, manon sugli incisori veneti che sembrano piuttosto orientati verso il manierismo mantovano di Giulio Romano.
Per quanto riguarda il bulino la tecnica sarà trasformata con la venuta in Italia di Cornelius Cort che sa sapientemente sfruttare tutte le potenzialità dello strumento per creare vivaci effetti pittorici; i suoi insegnamenti hanno presa sui CARRACCI: AGOSTINO (1557 – 1602), ANNIBALE (1560 – 1609) e LUDOVICO (1555 – 1619).
Un ulteriore cambio di direzione dei Carracci si verifica con l'incontro con il virtuosismo tecnico del bulino di Goltzius.
Il Seicento e il Settecento sono i secoli dell'acquaforte per eccellenza: gli sperimentalismi iniziati nel secolo precedente portano allo sviluppo di nuove tecniche quali la maniera nera, l'acquatinta e la stampa a colori, mentre le tecniche lineari tradizionali ed in particolare la xilografia vengono del tutto abbandonate.
Il bulino che era stato il protagonista della grafica cinquecentesca viene ormai relegato alla sola stampa di traduzione e al ritratto (di cui protagonista indiscusso è OTTAVIO LEONI che raggiunge risultati mirabili nell'effetto puntinato).
Il bulino, per la sua precisione e pulizia grafica, rimane la tecnica più idonea all’illustrazione scientifica. Le Fiandre rimangono il centro di maggiore sperimentalismo: vi operano artisti prestigiosi come Van Dyck e Rembrandt.
Introdotta dal Parmigianino, l'acquaforte in Italia è prediletta dai maestri STEFANO DELLA BELLA, GUIDO RENI, CASTIGLIONE, SALVATOR ROSA e raggiunge gli apici delle sue facoltà espressive con i maestri del Settecento CANALETTO, BELLOTTO, TIEPOLO, PIRANESI. Ancora una volta il Veneto fa la parte del leone nel campo della produzione incisoria. Dall'opera di Tiepolo prenderà esempio GOYA (1746-1828) il quale chiude la grande stagione dell’incisione calcografica e apre la strada alla stampa originale moderna.
L’attività della stampa di traduzione si intensifica tra Sei e Settecento e accanto al nome dell'inventore fa la sua comparsa quello dell'incisore, il cui operato comincia ad essere rivalutato, e la cui figura è elevata al rango di artista a pieno titolo. Il primato dell’incisione di traduzione va ancora una volta alle Fiandre e alla Francia da cui provengono una buona parte dei maestri incisori che operano in Italia.
Numerose sono le riproduzioni dei grandi cicli pittorici che entreranno a far parte delle prime edizioni di raccolte di stampe. E’ durante questo secolo che si fa strada la concezione di utilità della stampa in quanto "depositaria di quanto più bello ci sia al mondo" secondo le parole di Roger de Piles; gli scopi della stampa secondo quest'ultimo sarebbero molteplici: istruire, divertire, presentare le cose assenti come fossero presenti, confrontare più cose insieme. Nel 1686 Filippo Baldinucci, cultore e conoscitore dell'arte pittorica e grafica, fa pubblicare la prima storia della stampa d'arte Cominciamento e progresso dell’arte d’intagliare in ram, colle vite de' più eccellenti maestri della stessa professione.
Tra i maestri attivi in Italia sono degni di citazione il francese CLAUDE MELLAN (1598 – 1688) che diffonde il suo stile a linea continua e, a sua volta, assorbe le influenze dei Carracci, SIMON VOUET (1590 – 1649) operante, come il precedente, a Roma; FRANCESCO BRIZIO (1575 – 1623); OLIVIERO GATTI; GIOVANNI LUIGI VALESIO (1531 – 1640?), ODOARDO FIALETTI (1573 – 1638); GIUSEPPE DIAMANTINI (1621 –1705). Per quanto riguarda Venezia, il Settecento è il secolo della ripresa qualitativa di un settore che nel Seicento aveva privilegiato l’aspetto quantitativo e la riproduzione a carattere scientifico e d'attualità. Si tratta per lo più di vedute, sulla scia di quanto inaugurato sul finire del Seicento dall’olandese GASPAR VAN WITTEL (1655- Roma1736), meglio conosciuto con il nome italianizzato di Gaspare Vanvitelli.
Modello insuperabile nella storia del vedutismo veneto è LUCA CARLEVARIS (1663 – 1730) cui attingeranno CANALETTO, BELLOTTO, MARESCHI. Accanto al Carlevaris va ricordato MARCO RICCI (1617 – 1730), bellunese, che produce vedute di singolare fantasia, lontane dalle ordinate opere del Carlevaris. Rinomate sono le sue vedute di rovine, giocate su forti contrasti luministici, che anticipano le soluzioni del Piranesi. Protagonista di questa stagione assieme al Ricci è JACOPO AMIGONI (1685 – 1752) che rinforza spesso le sue acqueforti con ritocchi a bulino.
Poco c’è bisogno di dire su ANTONIO CANALETTO (1697 – 1768) la cui opera è universalmente riconosciuta e che, alla pari di altri artisti contemporanei, inizia la sua carriera come scenografo e pittore prima di dedicarsi all’incisione.
Nello stesso periodo in cui Canaletto sperimenta l'acquaforte inizia ad incidere anche GIAMBATTISTA TIEPOLO, i cui Capricci e Scherzi di Fantasia rientrano a pieno titolo tra le opere che lo consacrano artista di fama.
Le orme del Tiepolo in campo grafico sono seguite anche dal figlio GIANDOMENICO (1727 – 1804). Acquafortista di invenzione, ALESSANDRO LONGHI (1733 – 1813) risente di influssi tiepoleschi e rembrandtiani. Accanto ai peintres-graveurs a Venezia operano numerosi incisori di traduzione tra cui vanno citati per prolificità e abilità tecnica ISABELLA PICCINI (1646 –1634), BERNARDO ZILOTTI (1730 – 1795).
La prima, monaca francescana di Santa Croce, lavora alacremente per la tipografia bassanese dei Remondini.
Tra le calcografie attive a Venezia spicca il nome di GIUSEPPE WAGNER (1706 –1786) nella cui bottega lavorano riproduttori interessanti come FRANCESCO BARTOLOZZI, CRISTOFORO DALL’ACQUA, BERNARDO ZILOTTI, ANTONIO BARATTI (1724- 1787), FRANCESCO BARTOLOZZI (1728 – 1815) e in cui si addotta la tecnica di combinare acquaforte e bulino. Tra i virtuosi del bulino: MARCO ALVISE PITTERI (1702 – 1786), GIANNANTONIOFALDONI (1689 – 1770), FELICITA SARTORI (1715 ca. – 1760). Artista di valenza internazionale è l'inglese WILLIAM HOGARTH (1697 - 1764) che si avvale dell'acquaforte ritoccata a bulino per caricature e satire di critica sociale e politica. L'altro inglese di interesse internazionale è J. M. WILLIAM TURNER (1775-1851) di cui sono rinomati i paesaggi a mezzotinto.
Buona parte dei grandi artisti moderni si sperimentano con la tecnica incisoria da MARC CHAGALL, DERAIN, LEGER e NOLDE a KOKOSCHKA; da PICASSO, MIRO' DALI' a CARRA', MORANDI, CAMPIGLI, GUTTUSO. Gli incisori italiani sono tra i più conosciuti al mondo. L'arte della stampa originale acquisisce nuove caratteristiche a partire dalla seconda guerra mondiale; durante la prima metà del secolo, infatti, rimane legata alle rigide convenzioni delle riproduzioni del XIX secolo, faticando ad uniformarsi ai nuovi ideali della pittura europea d'avanguardia.
Fin dalla fine della seconda guerra mondiale, l'incisione originale diviene materia accademica e i maestri di fama internazionale danno prestigio alle scuole in cui insegnano: l'Accademia Albertina di Torino (MARCELLO BOGLIONI, MARCO CALANDRI, VINCENZO GATTI E ALBERTO ROCCO); la scuola veneziana (LINO BIANCHIBARRIVIERA, GIOVANNI BARBISAN), la scuola di Bologna (GIORGIO MORANDI), la Scuola del Libro di Urbino (LUIGI SERVOLINI, LEANDRO CASTELLANI), l’Istituto d'Arte di Firenze (FRANCESCO CHIAPPELLI), l'Accademia di Firenze (GIOVANNI FATTORI, CELESTINO CELESTINI), l'Accademia Brera di Milano (PAOLO PETRO') e l'Accademia di Genova (MARIO CHIANESE).
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